IL DIFFICILE PERCORSO DEI DIRITTI
​
In questo Mondo pieno di ingiustizie e per molti privo di diritti, è facile inciampare in un inconveniente o capitare in una brutta situazione, dove nulla e nessuno può proteggerci. Sono tanti i fatti quotidiani che dovrebbero farci riflettere, ma di cui spesso non capiamo l’importanza, perché le persone sono troppo impegnate a guardare il proprio piccolo, o al contrario a giudicare
spudoratamente gli altri. Dalle ingiustizie sul lavoro alle incomprensioni in famiglia. Cose piccole, che non distruggono di certo il mondo. Ma come sempre, dalle situazioni semplici vengono fuori quelle grandi, e allora, dopo che tutti hanno subito delle ingiustizie lavorative, l’azienda può chiudere, dopo un’incomprensione la famiglia si potrebbe spezzare. Se a tutti gli esseri umani viene a mancare un diritto, allora tutto va a scatafascio. Ma c’è sempre, dico Sempre, qualcuno che ci ricava qualcosa, spesso denaro.
Pensiamo alla storia di Iqbal: se il mercato illegale dei tappeti finisse, le aziende sarebbero costrette a chiudere, e i bambini diventerebbero liberi. Ma i capi di queste aziende sono spregiudicati, e riescono a corrompere la gente, in modo che l’attività continui la sua tratta di schiavi.
Questa realtà fa piangere, perché è solo quando vieni a sapere di queste faccende che capisci che la vita non è solo rose e fiori, come invece crediamo da bambini.
Una volta stavo leggendo una favola alle mie sorelle, quelle storie che finiscono sempre con un insegnamento, e la morale era: “spesso sono i più piccoli a pagare le conseguenze dei problemi dei grandi”. Non ho mai trovato frase più vera, perché in tutti i racconti che abbiamo letto durante questi mesi i ragazzi ed i bambini sono i più sfortunati: Iqbal lavorava per pagare il debito del matrimonio di sua sorella; Parvana è un esempio di ragazza rimasta povera a causa della guerra; in Pakistan le scuole o alcune moschee venivano bombardate dai Talebani e i bambini, soprattutto femmine, morivano sotto le macerie o rimanevano ignoranti. Episodi di persone innocenti, che a seguito delle loro disavventure sono riuscite a parlare e ad urlare a gran voce: “DATECI I DIRITTI CHE CI SPETTANO!”.
Un’altra categoria di umani che viene messa in secondo piano e che non viene rispettata al massimo sono le Donne: giudicate inferiori, deboli e inutili se non per fare figli, il rispetto nei loro confronti, soprattutto in alcune parti del mondo è addirittura inesistente.
In Pakistan, durante il regime dei talebani, le donne diventarono delle vere e proprie schiave degli uomini: vietato ballare, vietato uscire da sole, vietato andare a scuola, vietato uscire senza il burqa...Chissà che vita difficile hanno dovuto sopportare! Inoltre, nel libro “Io sono Malala” ho letto un fatto che mi ha colpito più di altri: Malala racconta di una ragazza che un giorno venne stuprata e rimase incinta. Venne aperta un’inchiesta, ma la ragazza, non avendo abbastanza maschi testimoni, fu accusata colpevole e venne incarcerata. Come si può incarcerare una ragazza solo perché non ha abbastanza uomini dalla sua parte? Non bastavano tutte le prove in sua discolpa?
Inoltre, se per noi è sicuramente un fatto anomalo, in Pakistan questa era ed è probabilmente ancora la vita di tutti i giorni.
Noi fortunatamente viviamo in una società senza distinzioni, infatti quando Malala arrivò in Inghilterra e vide tutte quelle ragazze vestite con abiti cortissimi, o donne che facevano i più svariati lavori, rimase a bocca aperta: mai si sarebbe immaginata una vita così.
In realtà esistono anche in Italia uomini con prìncipi maschilisti, ma ormai sono sempre di meno. Invece sono più difficili da eliminare, e questi in tutto il mondo, gli stupratori: essi non sono nemmeno degni di essere chiamati uomini, perciò per comodità li chiameremo “animali”.
Dato che ognuno può vestirsi come si pare e le ragazze non sono oggetti ma normalissimi esseri umani, per non parlare che fatto che la violenza sessuale è illegale in Italia, perché gli “animali” non riescono a trattenersi? Ma perché sono animali, ovvio, perciò non riescono a frenare il loro istinto. Una ragazza può essere bella quanto vuoi, ma c’è un limite a tutto.
Fischiare verso una ragazza, anche se non è una violenza fisica, è comunque una violenza verbale, perché è molto imbarazzante essere guardati in un certo modo: ciò può portare a momenti di momenti di tristezza e di demoralizzazione.
Ecco perché è molto importante tutelare i diritti le donne ed i bambini, perché spesso sono gli esseri umani più deboli.
Spesso, ma non sempre, perché ci sono anche quelle donne più forti degli uomini, che hanno cambiato il mondo o lo stanno per cambiare: Malala, Rosa Parks, Greta Thunberg, Rita Levi Montalcini, Kamala Harris...Grandi donne e ragazze che hanno protestato per proteggere i loro diritti e quelli delle altre bambine, che hanno fatto grandi scoperte in ambito scientifico o che sono diventate le prime in un certo ambito.
Come ultima cosa (ma non per importanza) vorrei aggiungere anche per i diritti degli uomini che scappano ogni giorno per salvarsi dalla guerra o dalle situazioni brutali che accadono in Africa e nel Sud dell’Asia: i migranti.
Come Enaiatollah, che scappava dai Talebani e che riuscì a salvarsi attraversando il mare, ci sono solo pochi fortunati. I barconi che arrivano gremiti di gente nei porti italiani, anche se sembrano tanti, sono forse la metà di tutti i gommoni che partono dalle coste dell’Africa o dell’Asia. Speriamo che anche il loro diritto alla vita venga seguito e che più persone si salvino dall’abisso scuro che diventa il mare la notte.
I diritti delle donne, dei bambini e di tutti gli uomini si spera che un giorno diventeranno rispettati in tutto il mondo e si riuscirà a sconfiggere le ingiustizie ad una ad una!
Cristel Maffezzoni
Ho conosciuto personaggi, assistito a manifestazioni e studiato fatti storici che hanno rappresentato la ribellione verso le ingiustizie. Malala è una ragazzina pakistana che amava andare a scuola e lottava per il diritto all'istruzione delle donne; i talebani le spararono perché erano contrari al suo pensiero, ma ciò non la fermò, infatti dopo essere stata portata in ospedale in Inghilterra, iniziò a diffondere la sua opinione e fu convocata all’Onu. Se fossi stata al posto di Malala, Iqbal o Parvana sicuramente mi sarei ribellata per cercare di migliorare la mia vita e farmi un futuro, ma penso che se avessi dovuto fallire non avrei rischiato la mia vita e me ne sarei fatta una ragione. Ciò mi sembra molto strano e surreale da pensare perché fortunatamente io non ho mai dovuto lottare per il diritto all'istruzione e per me è una cosa più che normale che fa parte della mia crescita e inoltre non penserei mai di dover andare a lavorare da un giorno all'altro in una fabbrica di tappeti. La maggior parte dei giovani di oggi sottovaluta questo diritto: Enaiatollah per esempio, protagonista del libro “Nel mare ci sono i coccodrilli” desiderava molto andare a scuola e quando dopo tanti sacrifici arrivò qui in Italia ed incominciò ad andarci lui, se prendeva un brutto voto, cercava in tutti i modi di recuperarlo, mentre tutti i suoi compagni non se ne facevano più di tanto un peso. Purtroppo il poter andare a scuola come molti altri diritti non ci sono ancora in alcuni Stati, come ad esempio in Pakistan, il paese in cui ha vissuto Malala. In altri Paesi, invece, c’è ancora lo sfruttamento minorile perché i bambini sono innocenti e fanno tutto ciò che viene loro imposto e la gente se ne approfitta, proprio come nel caso di Iqbal. Dato che per la sua religione il matrimonio è una festa molto importante, suo padre decise di mandarlo a lavorare in una fabbrica di tappeti per pagare il debito del matrimonio della sorella. Non solo, il capo dell'azienda si approfittò di lui dicendogli che il tappeto era venuto male, facendo sì che il debito non venisse mai pagato, ma sbagliò anche il padre che fra tutti i componenti della famiglia scelse proprio lui che fu costretto ad incominciare a lavorare ingiustamente all’età di soli quattro anni. Queste due storie mi hanno aperto gli occhi su ciò che accade dall’altra parte del mondo a cui noi non diamo molta importanza dato che ci sembra improbabile.
Il muro di Berlino venne costruito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale in segno di “punizione” verso i tedeschi, da parte degli alleati vincitori che si erano spartiti la Germania. La costruzione di questo muro ha penalizzato la popolazione civile, infatti ha diviso amici e famiglie per
molti anni. La sua caduta simboleggia l’unione del popolo germanico e fu una vittoria per l’Europa. Questo fatto mi ha insegnato a ricordare ciò che è successo in passato e che l’unione fa la forza.
La differenza tra la storia di Malala o di Iqbal e del muro di Berlino sta che i due ragazzini hanno reagito entrambi da soli, mentre la caduta del muro è avvenuta grazie all’unione di tante persone. La manifestazione “Friday’s for Future” mi ha colpito molto perché spesso in giro mi capita di vedere rifiuti come ad esempio fazzoletti, le confezioni delle merendine, pezzetti di carta… Non nego di non aver mai buttato un rifiuto a terra perché in quel momento pensavo che tanto non era il mio a danneggiare il pianeta, ma grazie alle parole di Greta Thunberg ho capito che anche quel mio semplice gesto poteva cambiare il mondo. Se ognuno di noi dovesse buttare il rifiuto nell’apposito cestino, ora sarebbe un posto più pulito. Ogni tanto mi capita di vedere gente che butta la spazzatura a terra con un’espressione indifferente, ma è proprio quell’indifferenza che ha spinto Greta a diffondere il suo messaggio per pulire e di conseguenza salvare il pianeta. L’estate scorsa, al mare, ho visto una confezione di crackers vuota e senza pensarci due volte l’ho raccolta e l’ho buttata nel cestino, e anche se sembra strano può essere un gesto rivoluzionario.
Un’altra grande ingiustizia è la violenza sulle donne. In classe abbiamo letto un testo che mi ha colpito molto, il quale citava i divieti che hanno le donne. Infatti in alcuni stati tutt’oggi una donna non può uscire di casa da sola o mettersi un paio di tacchi per non farsi sentire, oppure affacciarsi alla finestra per prendere un po’ d’aria. Questi divieti mi sembrano davvero assurdi e non riuscirei a mettermi nei panni di quelle povere donne. La violenza sulle donne però non è solo questo, infatti anche qui in Italia come in tutto il mondo, molte donne muoiono o subiscono traumi psicologici perché violentate. Una notizia che mi ha colpito molto risale a circa un anno fa, quando una ragazza si era isolata dal suo gruppo di amici dopo una festa e alcuni ragazzi avendola vista sola l’hanno drogata e violentata. Purtroppo, questa ragazza non ce l’ha fatta e solo il pensiero di morire per una cosa del genere mi turba davvero tanto. Noi ragazze, quando andiamo in giro spesso riceviamo fischi o suoni di clacson e la maggior parte delle volte ci viene detto che ciò accade per il nostro modo di vestire anche se, per me, è davvero una cosa assurda perché ognuno di noi si può vestire come vuole senza essere giudicata o avere anche il solo pensiero di essere violentata.
Noi adolescenti non dobbiamo fare finta di nulla e per far valere le nostre idee dobbiamo protestare. Proprio oggi sul “Corriere della Sera” ho letto un articolo riguardante la DAD, infatti degli studenti di Milano hanno deciso di protestare per tornare a scuola chiedendo ai prof di poter fare lezione in cortile. Anche a me, come questi studenti, piacerebbe tornare a scuola perché mi manca poter stare insieme ai miei compagni, parlare di ciò che è accaduto il giorno prima a ricreazione, comunicare
con i professori, fare i lavori di gruppo, avere un compagno di banco, aspettare il suono della campanella della fine delle lezioni e tornare a casa affamata: cose che prima del virus ci sembravano normali e che in futuro, quando tutto finirà, vedremo in un modo diverso. Anche una semplice canzone potrebbe essere un simbolo di protesta, che può parlare di vari argomenti. Durante una lezione di inglese la professoressa Salardi ci ha fatto ascoltare una canzone del gruppo musicale “One Republic” intitolata “Better Days” che significa “giorni migliori”. Questa canzone è stata registrata durante il primo lockdown e il videoclip è stato realizzato con dei video che hanno mandato i fan riguardanti ciò che facevano in quarantena. Il video ha lo scopo di lanciare il messaggio che tutto tornerà alla normalità (si spera) e che stando a casa possiamo aiutarci a vicenda per combattere questo virus. Spesso però non abbiamo il coraggio di protestare e fare ciò che ci dicono ci sembra la via più facile. Io penso di essere più un “testimone” perchè tendo a fare ciò che mi si dice anche se nella mia mente non sono molto d’accordo, ma ovviamente non su tutti gli aspetti. Ad esempio, se mi trovo con dei miei conoscenti e decidono di fare un gesto che porta a brutte conseguenze non lo faccio perché mi sembra una cosa insensata. Altre persone, invece, preferiscono seguire la massa senza avere una propria idea e ciò è sbagliato perché ognuno di noi dovrebbe avere un proprio pensiero e una propria opinione. Ad esempio, i bulli che spesso agiscono in gruppo e puntando un dito contro una persona si sentono più forti. Alcuni tra quei bulli però a volte bullizzano quella persona per non stare dalla parte dello vittima preso di mira. Questo però è sbagliato. Un altro esempio è l’Isis cioè un gruppo di terroristi che esprime la propria idea con violenza uccidendo anche delle persone per scopi religiosi. Questo dimostra che anche se una persona ha una libera espressione può portare a compiere gesti sbagliati.
​
Cecilia Barbieri
Conquistare un diritto o provare a conquistarlo? Gli attivisti, di cui abbiamo parlato a scuola, rischiando la loro vita, hanno protestato per fare in modo che i diritti che gli spettavano fossero loro riconosciuti ma non solo per se stessi ma soprattutto per le persone che ne necessitano. Se prendo come esempio Greta Thunberg o Malala Yousafzai, che lottano per la salvezza e i diritti di tutti, mi viene spontaneo pensare che una parola come “altruismo” possa creare un collegamento tra loro. Provare a immaginarmi nella situazione di Malala mi risulta difficile dato che, per fortuna, io non ho mai dovuto lottare ogni giorno rischiando la mia vita per aver accesso ad una corretta istruzione, com’è giusto che sia, perché io non rimanga nell’ignoranza che purtroppo affligge molti bambini e
adulti dei paesi che erano sotto il regime talebano. Spesso una delle cause per cui i bambini non riescono a seguire gli studi è il lavoro. Sono impiegati in lavori pesanti e rischiosi, spesso a causa di un debito della famiglia che per saldare è costretta a mandare a lavorare i propri figli. Questi bambini saranno costretti a lavorare per anni e anni per riuscire a saldare la somma che, anche se un piccolo importo, li costringe a lavorare per anni a causa delle bassissime paga che ricevono. Bambini e ragazzi ricevono una paga scorretta a causa della mancanza di istruzione che non gli permette di capire se ciò che accade sia giusto o sbagliato, e così vengono sfruttati dai datori di lavoro che producono un prodotto a un costo bassissimo per poi rivenderlo ad un prezzo molto più elevato sul mercato. Vedo questo tipo di persone come dei grandi egoisti dato che, pur sapendo di essere dalla parte del torto e nell’illegalità, perseverano in un lavoro sporco per aver un maggior guadagno. Per questo ammiro tutte quelle persone, come Malala e Iqbal, che hanno deciso di far denunciare al mondo la situazione di bambini e ragazzi come loro in questi Paesi e rischiare la loro vita in nome della giustizia per tutti coloro che non sono stati in grado, o sono stati ostacolati, di ottenere i diritti che gli spettavano e una legge che li tuteli. Però tutto ciò è già accaduto anche in passato, infatti, possiamo vedere questa situazione ripetersi due secoli fa, dal 1760 al 1840 durante la rivoluzione industriale, dove, sempre i bambini erano costretti a lavorare quattordici ore al giorno incatenati ai macchinari, per evitare che fuggissero, in ambienti dove mancavano due cose essenziali: sicurezza e igiene. Grazie alle proteste dei lavoratori i bambini sono riusciti a ottenere una legge che li tutela, legge 977 istituita nel 1967. Per questo mi sorge spontaneo chiedermi perché allora tutto ciò continui ad accadere sotto il naso di miliardi di persone. Forse perché ignorare situazioni come queste ci è più comodo che fare effettivamente qualcosa o pensare che tutto ciò ci sia troppo lontano per toccarci effettivamente e diventare un nostro “problema”. Ritengo che noi nuove generazioni dobbiamo sapere cosa accade veramente nel mondo e avere la giusta istruzione per non commettere più questi errori in cui l’uomo continua a cadere ripetutamente. Con ciò mi viene in mente la seconda guerra mondiale dove milioni di ebrei, omosessuali, politici contro il regime fascista e persone disabili, persero la vita nei campi di concentramento. Questi eventi si stanno proiettando di nuovo nella nostra realtà. Infatti in Cina sono stati costruiti veri e propri campi di concentramento per i Musulmani che vengono convertiti con la forza e separati dalle loro famiglie. Purtroppo questo argomento è sconosciuto a molte persone a causa del governo Cinese che cerca di cancellare qualsiasi cosa che parli o accenni a questi fatti, ma la penna è più forte della spada. La conoscenza va oltre la violenza. Infatti è stata proprio una ragazza, che è diventata attivista, di diciassette anni americana che in un normale video dove si truccava cominciò a denunciare questi
fatti affermando che la situazione in verità è già ben nota da tempo alle Nazioni Unite, che però, avrebbero fallito nel bloccare tutto ciò. “Non possiamo permettere che accada ancora, non possiamo restare in silenzio mentre davanti ai nostri occhi avviene un altro olocausto”. Presto il video in questione ha fatto il giro di internet e si è diffusa dappertutto l’effettiva situazione in questo momento in Cina. Per questo suppongo che sia vero che non puoi fermare la diffusione di una notizia con nessun tipo di arma.